di: Valentina Milani | 20 Gennaio 2025
Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni al leader sudanese e capo dell’esercito Abdel Fattah al-Burhan, accusandolo di aver scelto la via della guerra invece della negoziazione per porre fine al conflitto che ha causato decine di migliaia di morti e milioni di sfollati.
Il Dipartimento del Tesoro statunitense ha dichiarato che sotto la guida di al-Burhan, l’esercito sudanese ha adottato tattiche belliche che includono bombardamenti indiscriminati di infrastrutture civili, attacchi a scuole, mercati e ospedali, oltre a esecuzioni extragiudiziali.
Le sanzioni, che seguono quelle imposte la scorsa settimana a Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti, leader delle Forze di Supporto Rapido (Rsf), mirano a dimostrare che Washington non sta prendendo parte in modo fazioso al conflitto, precisa Reuters.
Al-Burhan, in un intervento trasmesso da al-Jazeera, ha accolto con sfida la notizia delle sanzioni, dichiarando di accettarle se servono al bene del Paese.
Oltre a colpire al-Burhan, le sanzioni includono misure contro individui e aziende coinvolte nella fornitura di armi all’esercito sudanese, tra cui un cittadino sudanese-ucraino e una compagnia con sede a Hong Kong. I beni degli interessati negli Stati Uniti saranno congelati, e agli americani sarà generalmente vietato intrattenere rapporti con loro. Tuttavia, il Tesoro ha concesso alcune autorizzazioni per garantire che le sanzioni non ostacolino l’assistenza umanitaria.
Il conflitto tra l’esercito sudanese e le Rsf, iniziato nell’aprile 2023, ha aggravato la crisi umanitaria, portando metà della popolazione alla fame. Dagalo è stato sanzionato per genocidio e per gli attacchi ai civili condotti dalle sue forze, coinvolte anche in campagne di saccheggio nei territori sotto il loro controllo.
Le tensioni tra l’esercito e le Rsf, che nel 2021 avevano condotto insieme un colpo di Stato contro il governo civile del Sudan, sono esplose nel 2023 per il mancato accordo sull’integrazione delle loro forze.
Le recenti sanzioni seguono accuse di crimini di guerra da parte di entrambe le fazioni, con testimonianze di bombardamenti indiscriminati e attacchi di rappresaglia a Wad Madani, città strategica recentemente riconquistata dall’esercito.
Il Dipartimento di Stato ha espresso rammarico per il fallimento nel porre fine al conflitto nonostante gli sforzi diplomatici congiunti degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita. Il Segretario di Stato Antony Blinken ha sottolineato che, sebbene ci siano stati alcuni progressi nell’assistenza umanitaria, la violenza e le violazioni continuano.
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