di: Gianfranco Belgrano | 28 Marzo 2025
Uno dei nomi più ripetuti di questo primo scorcio del 2025 è stato per forza di cose quello di Donald Trump, abbinato in genere a una sua presa di posizione, a una notizia che lo ha riguardato o a un interrogativo. Farà così? Dirà questo? Premierà quello? Castigherà quell’altro? Ecco, anche in Africa e negli ambienti vicini al continente lo sport più in voga è stato quello di provare a pronosticare le posizioni del nuovo presidente statunitense rispetto al continente, anche partendo da quanto è stato fatto nel primo mandato.
In un suo articolato studio, Adekeye Adebajo, ricercatore e già direttore esecutivo a Città del Capo, in Sudafrica, del Centre for Conflict Resolution, giunge alla seguente conclusione: «Forse, il meglio che l’Africa può aspettarsi da una amministrazione Trump isolazionista è un ulteriore ritiro di truppe statunitensi dall’Africa. Una più grande cooperazione degli Stati Uniti con la Cina andrebbe a beneficio di tutti, ma sembra improbabile». Nel suo scritto, Adebajo parte dal viaggio in Angola di Joe Biden – unica apparizione nel continente a parte un viaggio a Sharm el-Sheikh per la Cop 2022 – e sottolinea una serie di differenze tra l’approccio cinese e quello statunitense. Secondo il ricercatore sudafricano, mentre la Cina ha puntato più sullo sviluppo con investimenti infrastrutturali legati alla sua Belt and Road Initiative, gli Stati Uniti hanno gradualmente abbandonato la scena preferendo concentrarsi sulla sicurezza e su azioni di contenimento della Cina.
La Cina è quasi sempre presente nelle varie analisi. L’altro grande tema riguarda l’approccio, la filosofia trumpiana di fondo. Per Zeinab Usman, direttrice dell’Africa Program al Carnegie Endowment for International Peace, con Trump alla Casa Bianca diversi leader africani potrebbero instaurare relazioni basate su un approccio economico (deal-making approach) più facilmente rispetto ad approcci politici.
Una facilità che, sottolinea Mvemba Phezo Dizolele, direttore dell’Africa Program al Center for Strategic and International Studies, sarà resa più evidente anche dalla differente attenzione verso temi su cui invece gli Stati Uniti di Joe Biden sono stati tassativi. In altre parole, secondo Dizolele, un Paese come l’Uganda spesso ai ferri corti con Washington – ma anche con la Banca mondiale – in particolare per quanto riguarda la difesa dei diritti umani (si pensi ai diritti gay), potrà determinare su altre basi la qualità e la natura delle sue relazioni con gli Stati Uniti.
Competizione con la Cina, approccio business e sicurezza saranno per l’Atlantic Council i punti salienti della politica di Trump in Africa e a questi elementi dedica una sua analisi. Dando un’occhiata al primo mandato, ci saranno anche Paesi che sembrano già sicuri di poter incassare dividendi, come il Marocco, che nel 2020 si vide riconoscere la sovranità sul Sahara occidentale. Alcune scadenze dovrebbero comunque dare indicazioni più certe. Nel 2025 si dovrà rinnovare l’African Growth and Opportunity Act (Agoa), che consente facilitazioni commerciali a una serie di Paesi del continente, e nel 2026 sarà la volta dell’Export-Import Bank. Da vedere inoltre quale sarà la posizione su altri scenari, come l’ormai noto corridoio di Lobito, uno dei pochi progetti africani su cui Biden ha puntato.
Sarà infine interessante tenere d’occhio Elon Musk: il miliardario di origine sudafricana, ricorda ancora l’Atlantic Council, è emerso come uno dei più vicini consiglieri e alleati di Trump, e ha grossi interessi in Africa, a partire da Starlink e dalle prospettive legate al digital divide, il divario d’accesso alle tecnologie digitali.
Questo editoriale è apparso sul numero di febbraio 2025 di Africa e Affari, disponibile per l’acquisto qui in formato cartaceo e qui in formato digitale.