di: Celine Camoin | 11 Luglio 2024
Dopo il ritiro di una delle sue licenze per l’estrazione dell’uranio nigerino alla fine di giugno, e la chiusura della frontiera tra Niger e Benin un anno fa, la società Somair, filiale di Orano in Niger, si trova nell’impossibilità di esportare la sua produzione e di conseguenza, in grande difficoltà finanziaria, riferisce l’emittente francese Rfi.
Il minerale veniva solitamente esportato attraverso il corridoio terrestre che attraversava il Benin e poi esportato ai vari clienti dell’azienda attraverso il porto di Cotonou. La chiusura delle frontiere ha di fatto bloccato queste esportazioni. Contattata da Rfi, la compagnia francese afferma di aver proposto soluzioni alternative alle autorità nigerine: trasporto aereo verso la Francia o la Namibia, ma Orano afferma di non aver ricevuto risposta ufficiale.
Più della metà della produzione dell’anno scorso, 750 tonnellate di minerale, sono attualmente immagazzinate senza poter essere vendute. Le significative conseguenze finanziarie di questa situazione sono ancora in fase di valutazione.
Somair fatica a mantenere il pagamento degli stipendi dei suoi 1.400 dipendenti e il mantenimento degli impianti industriali. Un’altra difficoltà per l’azienda è l’acquisto e la fornitura di reagenti per la lavorazione del minerale nello stabilimento in loco.
Nelle ultime settimane, le autorità nigerine hanno ritirato successivamente due permessi di estrazione dell’uranio, alla società francese, e alla società canadese Goviex
Il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp), la giunta al potere, sta conducendo una politica molto attiva volta a prendere il controllo di questo settore chiave, mostrando in particolare il suo desiderio di sovranità nazionale sulle sue risorse minerarie.
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