di: Redazione | 17 Marzo 2016
CAMERUN – È conosciuto con il soprannome di ‘Piccola Africa’. Il Camerun nel suo territorio contiene molte delle peculiarità del continente. Un territorio che presenta ecosistemi assai diversi fra loro e che sono all’origine del nomignolo del paese, insieme a 200 gruppi etnici e due lingue ufficiali (inglese e francese).
Il Camerun di oggi, poi, può essere considerato una ‘piccola Africa’ anche se si guarda alla sua economia. In un certo senso si può affermare che le sfide che il paese si trova ad affrontare da qualche anno e che sempre più affronterà in futuro, sono le stesse sfide che attendono l’intero continente.
La prima è sicuramente la necessità di diversificare un’economia benedetta nei decenni passati dalla manna petrolifera e oggi alle prese con il tentativo di emanciparsi dagli idrocarburi, ormai in esaurimento. La seconda è che le vie intraprese per trovare un equilibrio oltre il petrolio e per incentivare l’esportazione di altre materie prime, si stanno scontrando con due colli di bottiglia ben noti: energia e infrastrutture, soprattutto di trasporto.
Ma, finora, qual è il risultato del lavoro avviato nel paese in particolare negli ultimi cinque anni? A giudicare da alcune osservazioni esterne, il risultato è positivo, anche se occorre migliorare, per esempio, il clima per gli affari a favore dei piccoli e medi imprenditori locali e stranieri.
Il 10 gennaio scorso è stata la direttrice stessa del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, a fare i complimenti alle autorità camerunesi per le “performance economiche del paese, che hanno dimostrato una forte resilienza di fronte a circostanze complesse”, facendo riferimento diretto all’impatto di quello che viene definito un doppio shock, cioè il regime sostenuto di bassi prezzi petroliferi e gli inattesi attacchi terroristici nel nord del paese da parte del gruppo nigeriano Boko Haram. Le parole della Lagarde, in realtà, hanno solo fatto eco alle considerazioni contenute in un rapporto stilato alla fine di novembre 2015 dagli esperti di una missione dell’Fmi recatasi nel paese.
Nel documento si ribadisce: “L’economia del Camerun ha mostrato una grande capacità di resistenza di fronte alla doppia sfida del calo del prezzo del petrolio e di un’aumentata minaccia alla propria sicurezza, facendo sì che la crescita robusta registrata nel 2014 continuasse anche nel 2015”.
Secondo gli esperti dell’Fmi la crescita dell’economia camerunese è ampia e diversificata e le previsioni indicano che il 2015 potrebbe far segnare un invidiabile +5,9%. Un dato molto positivo, considerando la battuta d’arresto e il ridimensionamento della crescita che molti dei ‘Leoni d’Africa’ ovvero le economie che negli ultimi anni hanno fatto segnare le prestazioni migliori hanno dovuto registrare nell’anno appena concluso. Secondo gli esperti dell’Fmi a spingere l’avanzamento sono state una maggiore produzione petrolifera e le buone performance dei settori che stanno beneficiando del boom di investimenti pubblici.
L’Fmi evidenzia poi come l’inflazione annuale sia proiettata al 2,8% e non abbia risentito dell’aumento del 15% introdotto sui prezzi di base del combustibile. Le entrate fiscali sono previste in aumento, in termini assoluti, anche se il deficit fiscale per il 2015 dovrebbe crescere un po’ fino ad attestarsi intorno al 5,4%.
Il ricorso a finanziamenti stranieri per le spese relative agli investimenti, scrive sempre il Fondo monetario, ha portato come risultato un rapido aumento del debito pubblico esterno (che è comunque partito da un livello molto basso), tanto che se alla fine del 2014 contava per il 17,8%, oggi è stimato intorno al 22%.
Le previsioni dell’Fmi dimostrano la capacità del sistema camerunese di resistere al clima di depressione internazionale che non ha risparmiato neanche alcune zone dell’Africa. La crescita, infatti, è prevista un po’ più lenta nel 2016, ma dovrebbe comunque attestarsi intorno al 5,2%.
L’inflazione dovrebbe restare bassa, al 2,2%, e il deficit fiscale salire intorno al 7,2%, soprattutto a seguito della politica di forti investimenti pubblici e dell’aumento della spesa nel settore della sicurezza per contrastare le tensioni nel nord del paese.
Nel medio periodo (fino al 2020) la crescita dovrebbe restare intorno al 5%, anche se gli esperti dell’Fmi temono che il prolungarsi delle due maggiori problematiche (cioè il basso regime dei prezzi del petrolio e le crescenti spese per la sicurezza) potrebbero nel tempo ridurre lo spazio fiscale ed economico per continuare con la stessa intensità gli investimenti pubblici in energia e infrastrutture, i sostegni dello sviluppo negli ultimi anni.
D’altro canto, proprio gli esperti dell’Fmi sottolineano come le principali minacce alle prestazioni economiche del Camerun siano esterne al paese. Dopo aver evidenziato la necessità di colmare il gap infrastrutturale e aver riconosciuto gli sforzi finora compiuti dal governo, dal Fondo monetario arriva l’esortazione a intraprendere ambiziose riforme strutturali al fine di accelerare gli investimenti del settore privato e favorire una crescita più forte, sostenibile e soprattutto inclusiva.
Il Camerun di oggi, poi, può essere considerato una ‘piccola Africa’ anche se si guarda alla sua economia. In un certo senso si può affermare che le sfide che il paese si trova ad affrontare da qualche anno e che sempre più affronterà in futuro, sono le stesse sfide che attendono l’intero continente.
La prima è sicuramente la necessità di diversificare un’economia benedetta nei decenni passati dalla manna petrolifera e oggi alle prese con il tentativo di emanciparsi dagli idrocarburi, ormai in esaurimento. La seconda è che le vie intraprese per trovare un equilibrio oltre il petrolio e per incentivare l’esportazione di altre materie prime, si stanno scontrando con due colli di bottiglia ben noti: energia e infrastrutture, soprattutto di trasporto.
Ma, finora, qual è il risultato del lavoro avviato nel paese in particolare negli ultimi cinque anni? A giudicare da alcune osservazioni esterne, il risultato è positivo, anche se occorre migliorare, per esempio, il clima per gli affari a favore dei piccoli e medi imprenditori locali e stranieri.
Il 10 gennaio scorso è stata la direttrice stessa del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, a fare i complimenti alle autorità camerunesi per le “performance economiche del paese, che hanno dimostrato una forte resilienza di fronte a circostanze complesse”, facendo riferimento diretto all’impatto di quello che viene definito un doppio shock, cioè il regime sostenuto di bassi prezzi petroliferi e gli inattesi attacchi terroristici nel nord del paese da parte del gruppo nigeriano Boko Haram. Le parole della Lagarde, in realtà, hanno solo fatto eco alle considerazioni contenute in un rapporto stilato alla fine di novembre 2015 dagli esperti di una missione dell’Fmi recatasi nel paese.
Nel documento si ribadisce: “L’economia del Camerun ha mostrato una grande capacità di resistenza di fronte alla doppia sfida del calo del prezzo del petrolio e di un’aumentata minaccia alla propria sicurezza, facendo sì che la crescita robusta registrata nel 2014 continuasse anche nel 2015”.
Secondo gli esperti dell’Fmi la crescita dell’economia camerunese è ampia e diversificata e le previsioni indicano che il 2015 potrebbe far segnare un invidiabile +5,9%. Un dato molto positivo, considerando la battuta d’arresto e il ridimensionamento della crescita che molti dei ‘Leoni d’Africa’ ovvero le economie che negli ultimi anni hanno fatto segnare le prestazioni migliori hanno dovuto registrare nell’anno appena concluso. Secondo gli esperti dell’Fmi a spingere l’avanzamento sono state una maggiore produzione petrolifera e le buone performance dei settori che stanno beneficiando del boom di investimenti pubblici.
L’Fmi evidenzia poi come l’inflazione annuale sia proiettata al 2,8% e non abbia risentito dell’aumento del 15% introdotto sui prezzi di base del combustibile. Le entrate fiscali sono previste in aumento, in termini assoluti, anche se il deficit fiscale per il 2015 dovrebbe crescere un po’ fino ad attestarsi intorno al 5,4%.
Il ricorso a finanziamenti stranieri per le spese relative agli investimenti, scrive sempre il Fondo monetario, ha portato come risultato un rapido aumento del debito pubblico esterno (che è comunque partito da un livello molto basso), tanto che se alla fine del 2014 contava per il 17,8%, oggi è stimato intorno al 22%.
Le previsioni dell’Fmi dimostrano la capacità del sistema camerunese di resistere al clima di depressione internazionale che non ha risparmiato neanche alcune zone dell’Africa. La crescita, infatti, è prevista un po’ più lenta nel 2016, ma dovrebbe comunque attestarsi intorno al 5,2%.
L’inflazione dovrebbe restare bassa, al 2,2%, e il deficit fiscale salire intorno al 7,2%, soprattutto a seguito della politica di forti investimenti pubblici e dell’aumento della spesa nel settore della sicurezza per contrastare le tensioni nel nord del paese.
Nel medio periodo (fino al 2020) la crescita dovrebbe restare intorno al 5%, anche se gli esperti dell’Fmi temono che il prolungarsi delle due maggiori problematiche (cioè il basso regime dei prezzi del petrolio e le crescenti spese per la sicurezza) potrebbero nel tempo ridurre lo spazio fiscale ed economico per continuare con la stessa intensità gli investimenti pubblici in energia e infrastrutture, i sostegni dello sviluppo negli ultimi anni.
D’altro canto, proprio gli esperti dell’Fmi sottolineano come le principali minacce alle prestazioni economiche del Camerun siano esterne al paese. Dopo aver evidenziato la necessità di colmare il gap infrastrutturale e aver riconosciuto gli sforzi finora compiuti dal governo, dal Fondo monetario arriva l’esortazione a intraprendere ambiziose riforme strutturali al fine di accelerare gli investimenti del settore privato e favorire una crescita più forte, sostenibile e soprattutto inclusiva.