di: Redazione | 1 Giugno 2021
Tra il 2001 e il 2021 in Libia è cambiato tutto; eppure, paradossi della storia, ci sono delle assonanze, dinamiche al tempo stesso distanti e simili: allora era la Libia del colonnello Muammar Gheddafi che era pronta a riaprirsi al mondo e faceva le sue concessioni per ritornare nell’alveo della comunità internazionale e vedere sollevate le sanzioni imposte per la strage di Lockerbie; adesso è la Libia che sembra essere uscita dal tunnel del conflitto interno e lavora per le elezioni di fine anno. Nel 2001, un giovanissimo Maged Mahfoud insieme al suo socio fanno i primi passi nel settore fieristico puntando poi sul settore delle costruzioni e lanciando nel 2004 la prima edizione di Libya Build. Edizione dopo edizione la fiera cresce fino al 2014 quando a causa del conflitto chiuderà il sipario. Nel 2021, è ancora Mahfoud – che nel frattempo si è spostato a Dubai convogliando l’esperienza acquisita in manifestazioni in altri Paesi arabi – a farsi avanti. “Lo scenario politico è migliorato – dice al mensile Africa e Affari – ci sono i presupposti per tornare a Tripoli”. Dottor Mahfoud, siamo a fine maggio, come sta andando la parte promozionale e organizzativa? “Torniamo a fare Libya Build nei padiglioni della Tripoli International, Fair cioè la stessa sede degli esordi. Faremo alla fine una valutazione della partecipazione internazionale ma posso già dire che avremo molti turchi, egiziani, indiani, maltesi… speriamo anche di avere molti italiani. Siamo ottimisti e spero che l’edizione di quest’anno sarà una storia di successo di cui potremo parlare. Il segreto del nostro successo è il non aver dipeso dal governo o dal settore pubblico. Il nostro successo è stato legato alla presenza degli imprenditori, e parlo dei principali imprenditori libici, di gente con cui si può parlare di business vero. Uno degli espositori per esempio era l’attuale primo ministro libico Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh che è uno dei più importanti imprenditori del Paese”. Quali sono le prospettive di sicurezza e stabilità del Paese dal vostro punto di vista? “Rispondo a questa domanda in due parti. Innanzitutto il governo sta lavorando su questo fronte. Ci sono milizie sul campo, ma queste milizie dentro Tripoli sono oggi controllate dal governo. Inoltre i partner internazionali vogliono la stabilità della Libia. Molto significativa è stata la visita di una delegazione egiziana a Tripoli ad aprile guidata dal primo ministro egiziano: non c’è stato alcun incidente, è stata la dimostrazione concreta di come la sicurezza sia sotto controllo. Se poi parliamo della sicurezza della fiera… avremo la conoscenza del territorio, personale locale formato e le competenze maturate nel tempo a Dubai”. Secondo punto critico: covid. “La situazione covid in questo momento in Libia non è buona. Pensiamo che tra luglio e agosto la situazione sarà di gran lunga migliorata. In ogni caso, applicheremo gli standard che usiamo già a Dubai dove abbiamo ripreso a organizzare fiere. Perfino se ci saranno restrizioni tra Paesi, lavorerò con il governo libico e con gli espositori internazionali, avremo dei protocolli che metteremo a punto entro settembre: raccoglieremo le persone a Roma o a Malta, noleggeremo degli aerei, porteremo i partecipanti in Libia, creeremo dei corridoi sicuri da aeroporto a aeroporto. Tutto questo sarà gestito dal nostro team di Dubai”. Parliamo delle opportunità e di quello che sarà la Libia da qui ai prossimi anni? “Vi do dei dati vecchi che penso siano ancora attuali. Mahmoud Jibril, primo ministro nel 2012, purtroppo scomparso di recente disse nel 2012 che la Libia aveva bisogno di 450 miliardi di dollari di investimenti infrastrutture di ogni tipo per trasformarsi in un Paese moderno. Nel 2014 e nel 2019 due grandi guerre civili hanno creato scompiglio e ulteriori distruzioni… Per questo motivo non avrei dubbi a moltiplicare quella cifra almeno per due. La Libia oggi ha bisogno di mille miliardi di dollari per due/tre anni per essere quantomeno alla pari dell’Egitto. L’Egitto oggi è un esempio di dove la Libia potrebbe essere: anche in Egitto c’è stata una rivoluzione, poi però dal 2014 è stato avviato un periodo di stabilità che ha consentito di sviluppare infrastrutture, 14 nuove città, aeroporti, centri commerciali. In Libia l’instabilità è durata più a lungo, adesso ci sono le condizioni per ripartire. E i soldi non sono un problema, perché la Libia ha a disposizione rimesse sufficienti all’interno e all’estero. Se il giusto governo mette giù il corretto piano d’azione e la corretta Road map, allora abbiamo vinto”. Quali saranno i maggiori partner della Libia? “La risposta la dà la storia. Prima e dopo Gheddafi i partner principali erano Italia, Turchia, Cina, Egitto, Tunisia. Più di recente Arabia Saudita, Emirati e Qatar. Il primo ministro libico ha già detto di voler lavorare con tutti. I competitor dell’Italia non sono gli altri Paesi europei: ma è la Turchia che ha migliorato la qualità dei suoi prodotti e ha prezzi più bassi”. Torniamo sulla questione soldi. Davvero non sono un problema? “Il 50% degli imprenditori libici che si erano trasferiti all’estero sono tornati, perché ora vedono opportunità. Siamo stati per sette anni all’estero, lottando per lavorare e sopravvivere. Ma ora dico che la Libia ha opportunità che pochi altri hanno. Inoltre l’attuale primo ministro non è un politico… è un imprenditore e anche questo infonde sicurezza. Chi arriva tardi sarà fuori dalla foto”. [Da Redazione InfoAfrica]© Riproduzione riservata