di: Gianfranco Belgrano | 18 Dicembre 2017
L’Africa corre, deve farlo per una serie di motivi e lo sta facendo. Deve farlo perché la sua popolazione è destinata a raddoppiare entro il 2050; deve farlo per condividere quanto più possibile le sue ricchezze con la sua giovanissima popolazione; deve farlo per una crescita sostenibile che risolva i suoi problemi e risolva questioni già all’orizzonte e decisive per il futuro stesso dell’Europa, suo primo dirimpettaio. E l’Italia non può far altro che inseguirla, nel tentativo di raggiungerla, l’Africa, di capirla e di collaborare con lei secondo una visione nuova, secondo concetti diversi rispetto a quelli del passato. Secondo, in definitiva, un partenariato alla pari.
Questo è stato il filo conduttore, lo scorso 22 giugno a Milano, della presentazione italiana dell’ultimo African Economic Outlook, il rapporto realizzato da Banca africana di sviluppo, Ocse e Undp. Quest’anno il rapporto è stato dedicato a industrializzazione e imprenditorialità, elementi considerati fondamentali per rispondere a una fame di posti di lavoro che per l’Africa è stata misurata: ogni anno 29 milioni di giovani si aggiungono alla forza lavoro; e a questi 29 milioni di giovani occorre dare risposte.
La soluzione, come si evince leggendo le 300 pagine del documento, non può venire da un solo ambito: serve il pubblico, servono le rimesse, servono gli investimenti diretti esteri e serve soprattutto creare valore aggiunto attraverso lo sviluppo dell’industria locale. Solo in questo modo si potrà fornire una soluzione in grado di rispondere alle esigenze dei giovani africani. Per raggiungere questo obiettivo tre gli ingredienti fondamentali: formazione, politiche di distretto, accesso al credito. E l’Italia può e deve fare qualcosa per l’Africa e per se stessa.
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