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Focus cooperazione: intervista a Nino Sergi

di: Redazione | 27 Aprile 2016

Pubblichiamo un’intervista a Nino Sergi firmata da Michele Vollaro e pubblicata sul numero di aprile di Africa e Affari, “Ong e Imprese, Insieme”.

Sono soprattutto due gli aspetti più innovativi della nuova legge italiana sulla cooperazione allo sviluppo, secondo Nino Sergi, fondatore e presidente emerito dell’organizzazione umanitaria Intersos nonché figura di primo piano nella riflessione più che decennale sulla necessità di una riforma della cooperazione stessa: un nuovo concetto che non contempla più la cooperazione come semplice concessione di aiuti allo sviluppo e l’apertura a tutti coloro che possono dare un contributo riconoscendoli come soggetti di cooperazione.

“La vecchia legge 49 del 1987 era una buona legge, ma ormai era datata – spiega Sergi, – oggi intendiamo la cooperazione come un rapporto alla pari, il che vuol dire rispetto reciproco, attenzione reciproca, anche interesse reciproco perché la riflessione che abbiamo fatto è stata che per rendere questa cooperazione più stabile e fare una programmazione a lunga scadenza occorre l’interesse sia reciproco: in breve, si è passati da una concezione in cui c’era chi dava gli aiuti e chi tendeva la mano per ricevere a un modello che può essere immaginato come una stretta di mano tra pari”.

Anche la stessa terminologia utilizzata nella nuova legge 125 del 2014, in cui si parla di cooperazione allo sviluppo e non più di aiuti pubblici, vuole riflettere questo mutamento finalizzato a stabilire un rapporto con i paesi meno avanzati che possa essere il più paritario possibile.

Il secondo aspetto su cui si concentra l’attenzione del fondatore di Intersos per illustrare le peculiarità del nuovo modello di cooperazione italiana è quello per cui tutte le realtà che possono dare un contributo alla cooperazione, grazie alla nuova legge, possono essere considerati soggetti della cooperazione e partecipare, ma anche proporre attività e progetti. Non più solo il governo o le organizzazioni non governative, ma anche onlus, associazioni degli immigrati, cooperative sociali, fino a includere pure imprese ed altre realtà aventi finalità di lucro. “In passato – ricorda Sergi – il settore delle ong e del non-profit si è sempre radicalmente opposto all’idea che si potesse fare profitto con la cooperazione, in questi ultimi anni però si è fatto un salto nella riflessione e si è compreso che per sostenere lo sviluppo bisogna creare occupazione in quei paesi e chi è che crea nuovi posti di lavoro se non le imprese?”.

Il ragionamento è che ha portato a questa apertura è legato in primo luogo a una considerazione demografica: ci sono paesi dove già adesso la maggior parte della popolazione ha meno di 25 anni e, non avendo opportunità di lavoro in patria, non ha alternativa all’emigrazione. “Ci si è detti di partire dalla cosa più naturale: cerchiamo di creare lavoro là dove è necessario, per esempio in Africa – prosegue ancora il fondatore di Intersos – Ed è perciò che attività come la creazione di joint-venture e di impresa locale è ritenuta dalla nuova legge un aspetto fondamentale nel rapporto di cooperazione”.

Esistono ovviamente dei criteri che le imprese dovranno rispettare per poter essere riconosciute come soggetto della cooperazione. Sergi rinnova perciò qui l’appello affinché l’inserimento di un’impresa o altro soggetto con finalità di lucro nel sistema della cooperazione allo sviluppo comporti il rispetto delle linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) sulla responsabilità sociale delle imprese e sui diritti umani per gli investimenti internazionali e l’adesione ai principi di salvaguardia ambientale.

“La legge 49 è in effetti piuttosto sbilanciata a questo riguardo: le ong sono profondamente regolamentate, mentre soltanto due commi sono dedicati ai soggetti con fini di lucro – sottolinea Sergi – Credo che al momento in cui è stata scritta non sia stata valutata l’importanza che può avere l’impresa come soggetto attuatore di attività di cooperazione e sia stata intesa soltanto come attività di partecipazione ai bandi: secondo me, in questo senso la riflessione del non-profit sul ruolo delle imprese nella cooperazione è molto più avanti rispetto al legislatore o alle stesse imprese”.

Il giudizio complessivo di Nino Sergi sulla riforma della cooperazione italiana è però generalmente positivo: a soli tre mesi dall’inizio delle attività dell’Agenzia è stato fatto molto, anche se il cammino da fare è ancora lungo: l’agenzia ha messo su una squadra che è composta ormai da circa 140 persone e c’è molto entusiasmo affinché questa nuova istituzione che sta nascendo sia realizzata bene”.

Ci sono certamente dei limiti, che Sergi ritiene essere fisiologici per un’istituzione creata da così poco tempo. In primo luogo, come già accennato, la necessità di definire una maggiore regolamentazione per i soggetti del settore profit, specificando che i fondi pubblici dovranno rappresentare soltanto un incentivo per l’iniziativa imprenditoriale di cooperazione e che soltanto quando anche l’impresa stessa ci mette del suo esercitando la propria iniziativa imprenditoriale in stretta collaborazione con partner locali, può esserci una reale garanzia di successo e sostenibilità delle iniziative intraprese. Un altro limite, che riguarda invece il settore non-profit, è sulle linee guida previste dall’Agenzia per l’iscrizione nell’elenco pubblico istituito dalla legge 125 atto a riconoscere la loro idoneità e la definizione delle procedure comparative pubbliche per la selezione delle iniziative promosse. “Si sta facendo quasi tutto troppo in fretta, ma almeno è il segno che c’è una grande volontà di fare – sostiene ancora Sergi – Come organizzazioni non governative abbia subito denunciato che i primi decreti interni redatti dall’Agenzia avevano alcune grosse carenze, l’importante è che questi decreti adesso vengano modificati, riflettendo meglio e affrontando in modo più approfondito la materia: ci vuole umiltà, comprendendo tutte le potenzialità esistenti, dimostrando di voler collaborare e creando le necessarie sinergie tra tutti i soggetti che da adesso in poi saranno impegnati nelle attività di cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace”.

© Riproduzione riservata/Foto:intersos.org
Per approfondire:

La riforma della cooperazione, incanalando i tanti sforzi dedicati al continente, potrebbe aprire un varco verso la creazione e il rafforzamento di logiche di azioni integrate.
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