di: Redazione | 12 Giugno 2014
[Pubblichiamo di seguito la traduzione in italiano di un’intervista rilasciata dal ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan al settimanale keniano ‘The East African’ in edicola il 7 giugno]
Raramente, se non mai, l’Italia figura nella lista dei paesi con una grande presenza nella regione dell’Africa orientale. Non è più così. Il ministro italiano dell’Economia e delle Finanze era nelle settimane scorse a Kigali e ha parlato con Berna Namata di ‘The East African’ del rinnovato interesse del paese nella regione.
Cosa guida l’apparente rinnovato interesse dell’Italia nella regione dell’Africa orientale?
C’è un crescente interesse da parte dell’Italia – abbiamo recentemente lanciato l’iniziativa Italia-Africa per intensificare i legami e facilitare l’integrazione economica tra l’economia italiana e le economie africane.
Sono molto interessato al processo di integrazione in Africa orientale – si tratta di un esperimento affascinante. Quello che sappiamo noi in Europa in merito all’integrazione è che si tratta di un potente motore di crescita e si svolge all’interno di economie che stanno già facendo molto bene per conto loro. Mi aspeto che con una maggiore integrazione questa spinta alla crescita continui. Questo sarà anche strumentale nel facilitare l’integrazione dell’economia africana nell’economia globale. E’ importante che si tratti di commercio e investimenti, così come anche di integrazione monetaria.
Quali sono i settori specifici cui le aziende italiane si rivolgono in Africa orientale?
Le aziende italiane sono alla ricerca di opportunità di investimento e di espansione dei propri mercati. Sono anche abbastanza flessibili da integrarsi nelle economie dell’Africa orientale, che non solo si stanno integrando tra loro ma si stanno anche trasformando radicalmente. Le aziende italiane hanno competenze diverse tra cui strumenti di investimento, macchinari e beni ad alto valore aggiunto. Esse possono sfruttare al meglio le situazioni dinamiche espansive grazie ai loro vantaggi comparati specifici – non desiderano altro che questo.
Aziende italiane dinamiche sono, per esempio, specializzate nella produzione di macchine utensili in modo che qualsiasi processo di trasformazione industriale possa trarre beneficio dai beni intermedi e dai capitali provenienti da queste stesse società. Ma sono anche in grado di trasferire tecnologie di gestione e produzione basate sulle TIC che possono poi essere applicate alle società africane.
Lasciatemi aggiungere che le imprese italiane hanno anche un vantaggio comparato in merito alle fonti energetiche, in particolare le energie rinnovabili, che potrebbero essere di grande interesse.
Una cosa che può aiutare questo processo sarebbe riuscire a sapere di più in merito alle caratteristiche del processo di integrazione e sapere di più su cosa accade in questa parte di mondo.
Attualmente, l’EAC è in fase avanzata di lancio di un’unione monetaria. Quali insegnamenti possono trarre questi paesi dalla crisi dell’Eurozona?
Ci sono diverse lezioni – una è che avere una buona integrazione del lato dell’economia reale come per esempio nel mercato del lavoro e nell’ambiente degli affari in modo che le aziende possono più facilmente riallocare le risorse, renderà l’unione monetaria molto più forte.
Ciò che rende l’unione monetaria difficile da gestire è la rigidità dei mercati del lavoro e la mancanza di concorrenza, da un lato, e le difficoltà nel conciliare stabilità monetaria con equilibrio fiscale, dall’altro.
E’ anche importante progettare regole e istituzioni macroeconomiche in un modo che consenta la convergenza in modo graduale ma precisa. Se l’obiettivo è quello di formare un’unione monetaria, allora bisogna assicurare allo stesso tempo la sostenibilità fiscale e la crescita.
Uno dei problemi che le economie europee si trovano ad affrontare in questo reciso momento è che la mancanza di crescita economica, il che rende il funzionamento dell’Eurozona particolarmente difficile.
L’Africa sta sviluppando sempre più una serie di partenariati significativi con altri paesi, con la Cina per esempio che prende sempre più l’iniziativa. Come vede questo sviluppo?
E’ un’opportunità molto importante, a condizione però che il campo di gioco su cui si svolge questa forma di concorrenza rimanga a un livello trasparente. In caso contrario, ci può essere il rischio di diventare prigioniero di qualche politica nazionale che a lungo andare può non rivelarsi più così positiva per il paese.
Per esempio, in alcuni casi i paesi possono offrire risorse senza guardare alle conseguenza che può subire l’ambiente in cui tali risorse vengono investite.
E’ importante stabilire legami con altre economie. Ma è altrettanto importante che, mentre si procede con l’integrazione, vengono tenute aperte tutte le possibili alternative. L’integrazione dovrebbe essere globale e non solo bilaterale per evitare di rimanere prigionieri di alcuni paesi dotati di molte risorse.
Quali sono le prospettive della regione?
Sono convinto che l’Africa abbia un futuro luminoso – la maggior parte dei Paesi africani sono sulla strada giusta e spero che questa possa essere realizzato con una crescente integrazione insieme alla necessaria stabilità dal punto di vista politico e sociale.