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Dieci anni di Affari dell’Africa

di: Gianfranco Belgrano | 16 Ottobre 2023

Chiamarsi Africa e Affari e celebrare i dieci anni di esistenza in un momento di grandi cambiamenti è sicuramente impegnativo, come trovarsi su un fuoristrada e avere la visibilità offuscata da banchi di nebbia. In questi anni abbiamo tenuto diritta la barra del timone mostrando i volti meno conosciuti in Italia del continente africano e dando il nostro contributo per cambiare un racconto dell’Africa che era obsoleto e non corrispondente alla realtà. A dieci anni di distanza ci sono stati innegabili miglioramenti sia nel racconto (dove comunque la strada da fare è ancora lunga, in particolare nei media mainstream) sia nell’approccio generale con cui la comunità imprenditoriale ha cominciato a interessarsi al continente, anche oltre il Nordafrica e il Sudafrica, tradizionali punti di attrazione. La politica ha seguito le imprese, ha cambiato il suo approccio pur mantenendo l’accento sui fenomeni migratori e sulla sicurezza. Allo stesso tempo il Sistema paese nel suo insieme ha cambiato marcia. 

Possiamo dunque ritenerci soddisfatti del percorso che l’Italia ha realizzato in questi ultimi dieci anni? La risposta è no. Un “no” che vuole essere costruttivo: tanto è stato fatto ma ancora non basta, e l’Italia, per la sua posizione geografica, la sua storia e il suo sistema economico, ha solo da guadagnare da un aumento di partnership, collaborazioni e scambi con l’Africa. 

Torniamo al punto di partenza, accendiamo i fari fendinebbia del nostro fuoristrada e sistemiamo anche lo specchietto retrovisore. Il mondo sta cambiando, cambierà necessariamente e saranno cambiamenti impressionanti. Come altro poter definire quei megatrend già in atto che paiono destinati a moltiplicare la popolazione africana da qui alla fine del secolo? Con nuove città che sorgeranno e inevitabili flussi migratori che si muoveranno all’interno e all’esterno del continente, e con tutta la scia di rivolgimenti a livello sociale, economico, ambientale, politico che questi comporteranno. Grande dinamismo e grandi incognite, è inevitabile. I fari fendinebbia ci servono perché non sarà una strada facile, ma anzi sarà piena di curve e di buche, con salite e discese, sicuramente non asfaltata. Un assaggio ce lo hanno dato i golpe che si sono susseguiti negli ultimi tre anni nel Sahel e in Africa occidentale, l’ultimo in ordine di tempo quello in Gabon. Golpe di velluto che hanno buttato giù in alcuni casi dinosauri della politica con padrini altolocati. Poi ci sono il conflitto tra Russia e Ucraina, che è un conflitto globale con effetti globali, i cambiamenti climatici, la transizione energetica e, per chiudere, aggiungiamo l’insofferenza di un “Sud del mondo” che è stufo dei secoli di dominio militare ed economico dell’Occidente e chiede più spazi. E li chiede sì per un atto di giustizia, ma anche e soprattutto perché ha i numeri per poter chiedere questi spazi, pronto a crearsene di nuovi se necessario.

Non ci resta che allacciare le cinture di sicurezza, pronti a evitare le buche e a superare la nebbia per ritrovare al di là di questa il cielo azzurro. 

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