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L’Africa che cresce e l’Italia che investe: il futuro è sostenibile

di: Celine Camoin | 25 Marzo 2025

“L’Africa sta già facendo da sé, e se l’Europa le vuole stare dietro, deve correre”. È intervenuto così, nello stile diretto e franco che lo caratterizza, Mario Giro, politico, diplomatico e membro Comunità di Sant’Egidio, all’incontro “L’Africa che fa da sé, opportunità e sfide per le imprese italiane” co-organizzato dalla Luiss School of Government, l’Ong Cefa, che opera da 50 anni nella cooperazione in Africa e non solo, e da Confindustria Assafrica e Mediterraneo. “L’Africa – ha sottolineato Giro – ha interpretato a modo suo la globalizzazione e la fase attuale di crisi della globalizzazione, pensando, giustamente, e come tutti, ai propri interessi. Lo fa rivolgendosi a tale o tal’altro governo, scegliendo i propri partner – ha citato l’esempio della Repubblica Centrafricana – ma anche le proprie regole commerciali: la Tanzania, ad esempio, ha imposto che il litio non venga esportato senza essere prima lavorato in loco”.

Diversi sono i fattori da tenere in considerazione se si vogliono stabilire rapporti benefici e durevoli con l’Africa odierna, ha continuato l’ex vice ministro: la sua gioventù, dinamica, massiccia, e che sente come un diritto umano lo spostarsi. La sua classe ricca: i suoi miliardari, o milionari, che stanno crescendo, pesano sull’economia e avranno un peso nelle decisioni che si prenderanno. La sua diaspora, che conta sempre di più, ha ricordato Giro, sottolineando il peso della diaspora nigeriana nell’ex amministrazione Biden. Il continente africano si conferma peraltro resiliente anche nel contesto di grande incertezza per le economie globali. L’Africa è resistente alle crisi importate da fuori, come gli anni del Covid hanno dimostrato, anche se la sua economia è quasi completamente informale e legata alle reti commerciali semi illegali, come nel caso delle esportazioni delle materie prime, dal coltan al legno. La  macroeconomia africana funziona, ma è tempo adesso di lavorare sulla microeconomia e quella classe media che potrebbe cambiare il volto del continente, ha affermato Giro.

Vera Negri Zamagni, docente dell’Università di Bologna, ha poi sottolineato l’urgenza che il resto del mondo, e l’Europa in particolare, si accorgano di come l’Africa sta cambiando, per non lasciare campo libero ad altri attori internazionali più attenti: molte economie africane hanno tassi di crescita di tutto rispetto, come documentato dall’African Development Bank (AfDB). “Con l’Africa nel G20 è possibile progettare il futuro del continente, contando su più vasti mercati e sulla costruzione di infrastrutture condivise”.

Alcune realtà produttive italiane scommettono già sullo sviluppo sostenibile e reciproco, in partnership con l’Africa. Esempi di questo tipo sono stati citati dal presidente di Cefa Francesco Tosi: “In Kenya il progetto Arabika sostenuto dall’Aics, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, e realizzato da Cefa in partnership con Avsi e E4Impact, si è rivelato uno straordinario booster produttivo: oltre 28.000 agricoltori locali hanno potenziato la resa del caffè, spesso raddoppiandola”. E in Etiopia i progetti di formazione per sistemi innovativi di irrigazione registrano un +43% nei redditi delle 15 cooperative coinvolte, ha detto Tosi. Nei prossimi giorni, inoltre, partirà il nuovo progetto che stiamo avviando con Andriani Spa: “Insieme al Csr Manager Raffaele Raso saremo nel centro-sud dell’Etiopia per individuare le aree di riferimento per il potenziamento della produzione di teff attraverso una rete di cooperative locali”. Le sinergie fra Ong e imprese in Africa diventano così azioni congiunte concrete e durature in ambito agricolo e alimentare. “Intraprendere strade nuove nel cammino dell’Africa verso un suo appropriato sviluppo è l’obiettivo che da tempo coltiviamo”.

Dopo le relazioni introduttive, la Tavola rotonda è stata moderata da Virginie Collombier, professor of Practice e Coordinatrice scientifica Luiss Mediterranean Platform, con la partecipazione dei rappresentanti di aziende italiane già “Africa-oriented” come Andriani Spa, rappresentata dal Csr Manager Raffaele Raso, che ha spiegato: “quando si tratta di intervenire in Africa, contano i valori: per i nostri progetti sul continente africano abbiamo voluto sostituire la parola profitto con ‘prosperità’, ovvero profitto condiviso”. Sono intervenuti anche Metalmont, con il Ceo Iacopo Meghini, e Itare rappresentata da Giorgio Traietti, Responsabile dello sviluppo commerciale.

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