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Africa: energia, sfida tecnologica e culturale

di: Enrico Casale | 9 Ottobre 2024

L’Africa ha bisogno di energia. Un’energia che sappia illuminare le comunità, ne sappia favorire lo sviluppo e la crescita, ma che, gradualmente, sia in grado di inserirsi nel flusso della transizione verso fonti pulite e rinnovabili. Per raggiungere questo obiettivo serve una formazione specifica che non può prescindere da una collaborazione internazionale. Di questo si è parlato nel convegno “Science and Research in the Africa Just Energy transition – Insight on Science Diplomacy within the Au-Eu partnership and the Italian Mattei Plan” che si è tenuto ieri nel Campus Bovisa del Politecnico di Milano.

“Nel 2022 – ha spiegato Daniel Wetzel, Head of Tracking Sustainable Transitions Unit, dell’International Energy Agency (Iea) -, nell’Africa subsahariana il 53% della popolazione non aveva accesso alla corrente elettrica e il continente ricavava solo 20 miliardi di dollari dai minerali strategici (rame, nichel, manganese, litio, grafite, cobalto). La sfida che abbiamo davanti è di ridurre il costo dell’energia (oggi tre volte superiore a quello delle economia sviluppate) e catalizzare sul continente gli investimenti privati. Oggi meno del 6% della ricerca è finanziato dalla spesa pubblica”. Ciò, secondo Waltz può favorire anche una crescita professionale degli africani. “Più del 60% dei lavoratori necessari per la transizione – spiega – avrà qualifiche professionali elevate. Per riuscire a ottenere queste professionalità serve uno sforzo di ministeri, imprese, università, supportato dalla comunità internazionale”.

Nell’attuale era di grande incertezza e imprevedibilità – hanno spiegato gli organizzatori del convegno -, la scienza e la ricerca possono essere considerate come valori interculturali, rappresentando una sorta di linguaggio universale per supportare il dialogo internazionale e intergenerazionale e per risolvere congiuntamente le complesse sfide globali che interessano la nostra società. Una visione che fa parte dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e degli Sdg e rappresenta anche un pilastro fondamentale nella strategia di medio periodo dell’Unesco. Una tendenza condivisa anche dalla Commissione Europea che ha lanciato l’Alleanza per la diplomazia scientifica e dall’Italia che, durante la presidenza italiana del G7 e nel Piano Mattei, ha scommesso sulla cooperazione peer-to-peer tra Italia e Africa.

In questo contesto, un aspetto fondamentale è ricoperto dalla diplomazia scientifica. “La scienza può colmare le lacune tra Paesi con risorse finanziarie e Paesi che, pur non avendo tali risorse, dispongono di risorse umane e naturali – ha sottolineato Tinyiko Ntshongwana, Deputy Director dell’Africa Multilateral Cooperation -. La scienza può unire Paesi che non hanno accordi bilaterali o congruenza politica, ma che condividono sfide socio-economiche comuni che possono essere risolte attraverso la ricerca scientifica”. L’energia, secdondo Tinyiko Ntshongwana, rappresenta un elemento chiave per lo sviluppo socio-economico di ogni nazione e la sicurezza energetica è tradizionalmente considerata una componente fondamentale della sicurezza nazionale. La diversificazione delle fonti e dei partner energetici è cruciale per non dipendere troppo da un’unica fonte. La sicurezza energetica significa anche resilienza, per resistere a shock esterni come catastrofi naturali o attacchi informatici. Inoltre, l’accessibilità e la sostenibilità dell’energia sono essenziali per una transizione graduale verso fonti rinnovabili. “La sicurezza energetica – ha continuato – è fondamentale per la diplomazia scientifica, poiché promuove la collaborazione internazionale nello sviluppo di tecnologie energetiche sostenibili e l’equa distribuzione delle risorse. Le sfide energetiche, come la transizione alle fonti rinnovabili e la mitigazione del cambiamento climatico, sono globali e richiedono partnership scientifiche che favoriscono l’innovazione e l’accesso equo all’energia pulita”.

L’Africa è un continente in grande crescita economica e demografica, ma è anche una terra ricca di risorse. “Abbiamo – ha osservato Nickson Bukachi Ongeri, Senior Policy Officer Renewable Energy and Energy Efficiency – molti giovani disoccupati e stiamo cercando di capire come possiamo utilizzare le catene del valore energetico globale per creare opportunità di lavoro per la grande popolazione del continente che è priva di occupazione. Un’opportunità può essere la crescita della nostra industria. Attualmente dipendiamo troppo dalle esportazioni di materie prime grezze. Sviluppare le industrie locali per le energie rinnovabili sarà cruciale per sostenere la nostra agenda di industrializzazione, che è ancorata all’Agenda 2063, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita della popolazione africana. Secondo Nickson Bukachi Ongeri, le energie rinnovabili contribuiranno anche a mitigare gli effetti del cambiamento climatico che colpisce il continente e sfruttare queste risorse permetterà di adattarsi e ridurre l’impatto del cambiamento climatico. “In sintesi – ha detto -, stiamo cercando di utilizzare le risorse energetiche globali disponibili nel nostro continente per migliorare l’accesso ai servizi idrici e sostenere l’agenda di industrializzazione, creando opportunità di lavoro per la popolazione giovanile nel settore verde e contribuendo alla lotta contro il cambiamento climatico fino al 2050, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra”.

L’Italia intende giocare un ruolo importante attraverso il Piano Mattei. “Più che un piano è una strategia – spiega Roberto Ridolfi, membro della Mission Board of EU Mission on Adaptation to Climate Change -. Mattei e la sua Eni sfidarono il cartello petrolifero delle sette sorelle offrendo agli africani accordi paritari nei quali il 70% dei ricavi sarebbe andato al Paese e solo il 30% all’Italia. Quel tipo di spirito di partnership deve essere ripreso dall’Italia, che è un ponte tra Europa e Africa. Il Piano Mattei è un invito a investire in modo sostenibile. Ovviamente, l’energia è uno dei grandi settori in cui investire. Oggi l’Europa ha bisogno di più Africa che viceversa e l’Italia ancora di più”.

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