di: Gianfranco Belgrano | 17 Gennaio 2025
Da queste pagine abbiamo spesso invitato a guardare all’Africa con lenti diverse da quelle che siamo abituati a indossare, lenti non occidentali, lenti, magari, africane. Spesso l’Africa che ci siamo raccontati non era quella reale o, meglio, era solamente una frazione di un continente grande, ricco e in espansione. Ora è arrivato il momento di guardare anche alla geopolitica e alla diplomazia con occhi diversi, slegati da costruzioni e paradigmi che hanno segnato il tempo.
Questa riflessione è venuta fuori nel corso di una chiacchierata con Marco Di Liddo, direttore e analista responsabile del Desk Africa e Russia e Caucaso presso il Ce.S.I. – Centro studi internazionali, ed era una riflessione legata ovviamente alle vicende e ai conflitti che stanno rimescolando le carte in alcune regioni e che hanno effetti a catena non confinati a quelle regioni. Il punto di partenza è la chiara constatazione che grandi e medie potenze paiono mostrare comportamenti non lineari: in alcuni scenari hanno interessi coincidenti, in altri si trovano in netta contrapposizione. Vedi Turchia (che è un membro della Nato) e Russia, o Iran e Turchia, o ancora India e Cina, questi ultimi entrambi nel Brics ma con divergenze da appianare. Il punto fatto proprio da Di Liddo è semplice, e cioè che per i nostri occhi occidentali e per certi aspetti un po’ ipocriti, il mondo delle relazioni internazionali e delle alleanze dovrebbe essere un po’ lo specchio della Nato.
Ma la stessa Alleanza atlantica in realtà è un’alleanza sbilanciata, con uno dei membri che è palesemente il maggior contributore, nonché la potenza militare e politica dominante. In questa alleanza, gli altri membri (comprese Francia, Regno Unito, Germania ed evidentemente Italia) sono partner paritari sulla carta, ma siedono di fatto un gradino più in basso, dal punto di vista capacitivo e politico.
Se usciamo da questa logica, è ancora Di Liddo, ci accorgiamo invece di come il resto del mondo segua altri modelli. In particolare, dice il direttore del Ce.S.I., ne sta emergendo uno che si era visto ai tempo dei Paesi non allineati e che ha trovato una sua sorta di maturazione esplicita nei Brics, l’associazione che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica ma che negli ultimi due anni si sta allargando ad altre nazioni. È un modello ad alleanze più fluide, con delle maglie meno strette e più concentrate su singoli dossier. In altre parole, io posso parlare con un partner ed essere convergente, in interessi e punti di vista, su un determinato dossier, ma contemporaneamente posso avere una posizione diversa su un altro dossier.
Questo però non mi impedisce di parlare con quel Paese. Semplicemente so che avrò in quell’altro Paese un alleato in alcuni casi, un avversario in altri. Una logica pragmatica che nei Brics vediamo in maniera molto forte e che ci sta dando dei segnali concreti sul campo. La Turchia acquistava i sistemi di difesa aerea dalla Russia e con la Russia coltiva importanti accordi nel settore energetico, però, quando si parla per esempio del dossier ucraino segue una sua linea, così come fa in Siria o in molte zone d’Africa.
Quel che è certo, aprendo questo 2025, è che sarà determinante leggere bene e senza paraocchi gli sviluppi globali per indirizzare al meglio investimenti e affari. Come sarà determinante riuscire a leggere con un certo anticipo gli eventi che man mano si avvicenderanno tenendo presente che gli avvenimenti improvvisi sono un’eccezione e che in realtà basta affacciarsi alla finestra per capire cosa bolle in pentola.
Questo editoriale è apparso sul numero di gennaio 2025 di Africa e Affari, disponibile per l’acquisto qui in formato cartaceo e qui in formato digitale.