di: Enrico Casale | 8 Gennaio 2025
Tra gennaio e novembre 2024, il Madagascar ha esportato 424 tonnellate di aragoste, un aumento significativo rispetto alle 220 tonnellate del 2020. Lo ha comunicato il ministero della Pesca e dell’Economia Blu, sottolineando che la crescente domanda da Europa, Giappone e Cina sta incentivando i pescatori locali a intensificare l’attività. Il prezzo elevato delle aragoste, vendute fino a 20.000 ariary al chilo (4,15 euro), rende questa attività particolarmente redditizia rispetto ad altri settori.
Valerio Dizano, biologo marino e capo della Ong Aquatic Service, impegnata nella promozione della pesca sostenibile, spiega a Rfi: “Nelle aree costiere limitate ci sono molte imbarcazioni che pescano nello stesso luogo. Per questo, è fondamentale rispettare il periodo di chiusura della pesca, scelto appositamente per consentire la rigenerazione della risorsa, dato che tra novembre e febbraio si verifica il picco di deposizione delle uova”. Secondo Dizano, sette femmine su dieci catturate in questo periodo portano uova.
Nonostante l’assenza di dati scientifici recenti che indichino lo stato preciso delle aragoste nel sud-est del Madagascar, l’aumento della pesca preoccupa gli esperti. La Ong Aquatic Service propone una diversificazione delle attività dei pescatori per ridurre la pressione sulla risorsa: “Quando non possono pescare, i pescatori si dedicano all’agricoltura o a tecniche di pesca alternative per catturare altre specie. La pesca è una risorsa rinnovabile, ma una gestione inadeguata può comprometterla”.
Jean Maharavo, biologo marino, identifica inoltre un ulteriore rischio: l’inquinamento legato all’attività mineraria nella regione di Fort-Dauphin, uno dei principali centri per l’estrazione dell’ilmenite. “I molluschi possono accumulare metalli pesanti. Questa situazione minaccia le aragoste e ha già causato conflitti tra pescatori tradizionali e operatori minerari, con episodi di morie di pesci. È essenziale delimitare chiaramente le zone di pesca rispetto a quelle industriali”, avverte Maharavo.
Gli esperti sollecitano un miglioramento delle conoscenze scientifiche per adeguare le normative. “Non conosciamo ancora aspetti fondamentali del ciclo riproduttivo delle aragoste, come le aree di nidificazione. Senza queste informazioni, non possiamo regolamentare in modo efficace”, afferma Maharavo.
Inoltre, il biologo evidenzia l’importanza di regolamenti locali specifici. “Le condizioni oceanografiche variano notevolmente in Madagascar: a Fort-Dauphin l’acqua è più fredda rispetto a Nosy Bé, nella zona tropicale. Una regolamentazione unica per tutto il Paese non è adeguata”.
L’attenzione verso una gestione sostenibile della risorsa resta alta, in un equilibrio complesso tra crescita economica e tutela ambientale.
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