di: Redazione | 28 Luglio 2015
Una riflessione ad ampio raggio sull’azione internazionale dell’Italia e sulla tutela degli interessi nazionali: è questo il senso dell’XI Conferenza degli Ambasciatori iniziata ieri alla Farnesina alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per concludersi oggi con l’intervento del presidente del Consiglio Matteo Renzi.
L’appuntamento chiama a raccolta tutti i 123 ambasciatori italiani nel mondo e gli otto rappresentanti permanenti per permettere lo scambio di pareri e informazioni, esperienze e difficoltà. “Un momento importante di riflessione – spiegano dalla Farnesina – sul ruolo della diplomazia e sulla sua rete nel mondo, ma anche un confronto aperto con diversi interlocutori del Sistema Italia per affrontare alcuni temi fondamentali.
Tra questi temi la difesa e la sicurezza, le modalità di utilizzo del marchio Italia nel mondo, energia ma anche il rapporto tra la diplomazia e i media.
E se le discussioni sulla difesa e la sicurezza – che in questi due giorni prenderanno in esame i tanti scenari di crisi e instabilità ai confini dell’Italia e dell’Unione, ma anche le prospettive di rapporto con gli attori globali più influenti (Usa, Cina e Russia) – e quelli sull’energia rientrano nell’immaginario dei compiti degli ambasciatori, nuova enfasi è stata posta su altri due aspetti dell’azione diplomatica giudicati altrettanto fondamentali ma meno noti al grande pubblico: la cosiddetta Diplomazia Economica e come far comprendere al paese e al suo sistema (ovvero ai suoi cittadini e alle sue aziende) che la rete diplomatica è un alleato prezioso su cui gli italiani devono imparare ad appoggiarsi quando sono all’estero.
Da Khartoum
“L’Italia è in una fase di profondo cambiamento e così lo è anche la sua rete diplomatica. L’approccio, anche in Africa, a una diplomazia economica vista come parte integrante fondamentale di un approccio diplomatico più olistico, più generale è sempre più diffuso” spiega ad Africa e Affari, l’ambasciatore Fabrizio Lobasso, ambasciatore d’Italia in Sudan.
Dalla cooperazione, al sostegno per le aziende, dalla cultura alla diffusione dell’italiano tutta l’attività dell’ambasciata porta a spingere e sostenere un concetto di italianità che è in grado di garantire risultati.
“Vorrei sottolineare il ruoto di pivot informativo che l’Ambasciata gioca e deve giocare per le imprese che per la prima volta tendono ad affacciarsi su mercati nuovi, di frontiera e poco conosciuti come quello sudanese in particolare o africani più in generale” ha aggiunto Lobasso, invitando soprattutto le aziende a cercare una collaborazione maggiore con le proprie sedi diplomatiche nei paesi di interesse commerciale.
Molte aziende italiane medie e piccole tendono a non riconoscere l’Ambasciata e il personale come un interlocutore naturale quando si parla di economia e affari e spesso si rivolgono all’ambasciata del paese in cui si sono recati per affari commerciali solo in caso di problemi o necessità impellenti, lanciando una richiesta di aiuto che puo’ rivelarsi tardiva.
“Spesso quando le aziende arrivano da noi è troppo tardi per poter dare una mano o intervenire” conferma l’ambasciatore italiano.
Tra le aziende, tranne qualche rara eccezione, è ancora poco diffusa l’abitudine di iniziare la visita di un paese che si intende penetrare commercialmente o in cui si intende investire facendo visita all’Ambasciata, ai suoi uffici commerciali o, quando esiste, al locale ufficio ICE.
“Le aziende devono confidare sul fatto che noi siamo qui per loro e che siamo pronti a mettere a disposizione la nostra rete di conoscenze, di informazioni e di contatti istituzionali e operativi per facilitare il loro lavoro” conclude l’Ambasciatore Lobasso.
Da Kampala
“Una delle strade necessarie per lavorare bene in Africa e per confrontarsi con la concorrenza di alcuni paesi asiatici su questi mercati è quella che le aziende italiane imparino a fare squadra”: a parlare è l’ambasciatore Domenico Fornara, da poco insediatosi nella rappresentanza italiana di Kampala, in Uganda, un paese chiave per la regione dell’East Africa (forse la più dinamica del continente) e alla vigilia di un boom economico legato all’avvio dello sfruttamento di risorse petrolifere.
E’ anche questo uno dei compiti di quella Diplomazia economica che, durante la Conferenza degli Ambasciatori italiani nel mondo, è ripetutamente tornata al centro di discorsi e interessi. Perché a fronte della crisi di alcuni dei mercati tradizionali del nostro paese, sempre di più le aziende hanno bisogno di proiettarsi su nuovi mercati e nuove frontiere. Perché sempre di più l’internazionalizzazione si dimostra uno strumento valido per sconfiggere la crisi economica e mantenere vivi interi settori produttivi che, com’è stato il caso di aziende del settore delle energie rinnovabili, proprio sui mercati esteri sono stati in grado di rimettere in gioco le proprie capacità, la propria innovazione e il proprio know how.
“E’ necessario fare uno sforzo maggiore. Ecco uno dei compiti che ci siamo posti è quello di facilitare l’interazione tra le aziende italiane. Ma perché questo accada anche le aziende devono aver voglia di fare squadra. Noi saremo al loro fianco” sottolinea l’ambasciatore italiano in Uganda.
A fianco alla rete diplomatica anche in Africa il cosiddetto ‘Sistema Paese’ si va arricchendo di nuovi strumenti – dagli Uffici ICE agli sportelli SACE – ma anche di associazioni di imprenditori italiani già attivi su quei mercati, come il caso del Business Club Italia (BCI) in Uganda, che raccoglie un gruppo di aziende italiane da anni operative in Uganda.
Un ruolo sempre più importante e chiave anche per il futuro dell’economia del nostro paese che se sembra aver ottenuto l’attenzione politica necessaria sta ancora aspettando risorse adeguate a svolgere una missione così importante.
“Il Ministero degli Esteri e le strutture diplomatiche stanno facendo dei sacrifici enormi. Compensando con passione e dedizione la mancanza di risorse. Se confrontate con altri paesi europei che usiamo spesso come termine di paragone per l’Italia vi renderete conto che il rapporto di risorse economiche e umane destinate all’azione della Diplomazia è di 1 a 3 se non di 1 a 4” sottolinea in conclusione l’Ambasciatore Fornara.
Da Addis Abeba
“Addis Abeba è una grande Ambasciata, forse tra le prime sei o sette in termine di personale assegnato alla sede. Anche perché abbiamo una intensa attività di cooperazione. Ma quando stavo in Angola, la situazione era effettivamente diversa. Per questo motivo condivido la questione della carenza di risorse soprattutto nei paesi emergenti”. Giuseppe Mistretta, Ambasciatore d’Italia in Etiopia, è tornato a Roma per partecipare alla Conferenza degli Ambasciatori d’Italia dove, tra le altre cose, si è sottolineata l’esigenza di far confluire risorse a un braccio dello Stato essenziale per l’internazionalizzazione del Made in Italy, e quindi delle imprese italiane.
“Attualmente – aggiunge Mistretta – c’è un cambiamento delle priorità, un’attenzione maggiore su Asia, Africa e America Latina. Ed è ovviamente su questi paesi che si sta spostando l’attenzione del ministero degli Esteri, ma anche del ministero dello Sviluppo Economico. Sono sedi che ora assumono peso in un’ottica di nuove priorità. E’ sui paesi dell’Asia o dell’Africa piuttosto che su quelli dell’Europa che bisogna concentrarsi. Riequilibrare le priorità, significa di conseguenza rafforzare le Ambasciate”.
Secondo Mistretta, gli Ambasciatori hanno allo stesso tempo alcuni strumenti utili per rafforzare la propria azione. “Abbiamo un primo strumento che è quello delle sponsorship e che sta prendendo quota da quando diverse grandi aziende si sono rese conto dei ritorni in termini di immagine che possono avere promuovendo l’Ambasciata del loro paese. Detto questo, sottolineo che non sono tanto per il ‘laptop Ambassador’ che da solo può fare poco, invece sono per strutturare bene, razionalmente, ma con più risorse di uomini e mezzi le ambasciate”.
L’Ambasciatore Mistretta ha poi evidenziato la valenza di alcune sinergie che stanno di fatto potenziando l’azione del Sistema paese: “L’apertura in Africa di due nuovi uffici Ice, in Etiopia e in Angola, ha aiutato parecchio la nostra azione e lo ha fatto in due paesi trainanti sotto il profilo commerciale. Gli uffici Ice hanno strumenti di promozione – finanziamento, budget, facilitazioni per la partecipazione alle fiere – che noi non abbiamo. Con la loro apertura si è sentita la differenza”.