di: Redazione | 13 Dicembre 2018
GHANA – “I numeri macroeconomici del Ghana sono buoni, il Paese sta crescendo e su questo sono concordanti i dati delle istituzioni internazionali. Però questi numeri non si stanno ancora riflettendo nella quotidianità e i motivi sono molteplici”. A dirlo è Massimiliano Colasuonno Taricone, console del Ghana in Italia e chief executive officer di Casa Trasacco limited, una delle principali realtà imprenditoriali ghanesi che ancora oggi, con oltre 50 anni di storia alle spalle, ha un cuore italiano.
Cosa è successo in questi ultimi anni in Ghana?
A fronte di una contrazione dei consumi che c’è stata negli ultimi anni, si è imposta la tendenza a una maggiore apertura ad attività imprenditoriali: è aumentata quindi la competizione, ma il mercato si è ristretto e chi è sul posto ne ha accusato ancora di più il calo. Guardando al settore immobiliare, fino a 3-5 anni fa i leader assoluti erano locali, non di origine ghanese ma integrati nella realtà ghanese da più di 50 anni, e i profitti erano reinvestiti nel posto. Adesso si è creata una situazione strana: chi viene da fuori – turchi, cinesi, brasiliani – investe, fa profitto ma i profitti li riporta a casa. È vero che c’è un miglioramento perché c’è molta più offerta immobiliare, però questo ha fatto sì che ci sia stato un deprezzamento a fronte, appunto, di una domanda non sufficiente.
Dopo l’ubriacatura da petrolio, la cui estrazione in Ghana è cominciata solo intorno al 2011, e il successivo calo dei prezzi del greggio sui mercati internazionali, diversi Paesi produttori hanno puntato alla diversificazione dell’economia.
È successa la stessa cosa in Ghana, soprattutto con gli incentivi del governo come quello legato alla politica di ‘one district, one factory’, benché in realtà il Paese avesse già un’economia abbastanza diversificata. L’agricoltura adesso la sta facendo da protagonista. Chi non sta seguendo il passo del Ghana sono purtroppo i partner esteri: i Paesi che avrebbero la possibilità di essere partner importanti non si stanno muovendo. Da questo punto di vista l’Italia è tra gli assenti: l’Italia vuole esportare, vuole vendere, ma non vuole produrre sul posto. Gli investimenti italiani non sono bassi, sono inesistenti. Ad eccezione di Eni che fa storia a sé, non c’è altro. Vedo in questo momento un’Italia che pensa solo a difendersi dall’emigrazione africana e non pensa ad aprirsi all’Africa: c’è solo chiusura, quando ci dovrebbe essere apertura, per cogliere grandi opportunità economiche con reciproco vantaggio.
Eppure il Ghana sembra un Paese con le carte in regola per attrarre le imprese italiane.
È un Paese stabile, le leggi funzionano, ci sono incentivi chiari, molto trasparenti e importanti. Il Ghana potrebbe rappresentare un punto di svolta per moltissime imprese italiane. Potrebbe essere una fonte di rilancio e offrire la soluzione di tante questioni a partire dal fenomeno dell’emigrazione economica. Creare opportunità in Ghana darebbe soluzioni e genererebbe un profitto economico. Ma non mi sembra ci siano orecchie per questi argomenti.
A me risulta però che ci sono grandi realtà italiane, come la vostra, nel settore delle costruzioni.
Sono considerate italiane per il lustro che danno all’Italia. Le più grandi in assoluto in Ghana sono Trasacco, De Simone, Consar e Barbisotti. Sono tutte collegate al settore delle costruzioni, hanno tutte più di 50 anni e qualcuna di loro ha quasi 100 anni. E vengono considerate italiane perché le origini dei proprietari sono italiane ma ormai stando in Ghana da così tanto tempo sono locali. Le altre imprese italiane presenti sono piccole e poco significative dal punto di vista dei volumi. Eni esclusa.
E in Ghana si parla di Italia?
I rapporti tra gli Stati sono eccezionali, stabili, antichi. È chiaro che nonostante i rapporti siano buoni, in Ghana l’Italia avrebbe delle autostrade davanti che però non vuole utilizzare. Forse dipende anche dall’informazione che circola: di Ghana si parla poco e si parla a tratti. [SEGUE]
Torniamo alle potenzialità di questo Paese. Altri settori trainanti?
Nell’agroindustria, ci sono delle ottime opportunità. E l’Italia i potrebbe fare delle cose meravigliose perché ha una struttura fondata sulle piccole e medie imprese che è esattamente il modello scelto dal Ghana per creare un clima di benessere generale. L’Italia questo modello ce l’ha nel Dna. Nel manifatturiero, nell’industria dell’arredamento, nella trasformazione delle materie prime, le industrie italiane potrebbero fare tanto, dare tanto e godere di grossi incentivi da parte del governo. Se avessero investito il 10% di quanto hanno investito nell’Europa dell’est avrebbero raggiunto risultati eccezionali.
Il turismo?
È un settore trainante, in Ghana in embrione. Ci sono catene importanti come Hilton e Accor, ci sono progetti alle fasi iniziali. Mi sento di dire che entro 15 anni il Ghana diventerà una destinazione turistica di primo livello per le bellezze naturali e l’organizzazione. Di recente è stato inaugurato il terminal 3 dell’aeroporto Kotoka, invito a digitare il nome ‘Kotoka’ su un motore di ricerca per vedere le immagini. È un aeroporto che non ha nulla da invidiare agli scali europei.
Andare in Ghana significa solo Ghana?
Gli stessi ghanesi dicono che il Ghana è l’Africa per i principianti. Perché stai in Africa, ma ci sono poche di quelle problematiche presenti magari in altri Paesi. Ha la forma di una porta squadrata ed effettivamente è una porta per tutto il mercato dell’Africa occidentale, dell’Ecowas. Tanti guardano alla Nigeria per peso demografico ed economico, ma la Nigeria non ti dà una solidità che invece il Ghana ti offre da subito. Entro un’ora di volo da Accra si abbracciano 350 milioni di persone: il Ghana è un hub per seguire anche la Nigeria e tutti gli altri Paesi della regione e bisogna tener conto che non ci sono dazi e dogane tra i Paesi Ecowas.