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Libia: Moavero a Bengasi, analisi del viaggio

di: Redazione | 12 Settembre 2018

Per leggere il viaggio a Bengasi dei giorni del ministro degli Affari esteri, Enzo Moavero Milanesi, occorre fare un passo indietro tenendo d’occhio quanto avvenuto agli inizi di agosto. In quell’occasione Moavero Milanesi si era recato in Egitto, primo alto esponente di governo italiano a presentarsi al Cairo dopo la morte ancora irrisolta dello studente Giulio Regeni. E lì Moavero Milanesi aveva affrontato in particolare il capitolo Libia.
“L’Italia e l’Egitto – aveva detto dopo aver parlato con il suo omologo Sameh Shoukry – condividono la responsabilità geopolitica sulla Libia. Nel mio colloquio con Shoukry abbiamo concordato su tutti i punti rilevanti sulla situazione libica attuale e guardiamo all’integrità, alla sicurezza, alla pace del Paese e al benessere dei libici e alla loro possibilità di esprimersi in elezioni”.
Ieri, Moavero Milanesi, incontrando Khalifa Haftar – uomo forte della Cirenaica e tassello indispensabile per qualunque pace – si è presentato con un garante importante per Haftar, ovvero l’Egitto di Abdelfattah al-Sisi. Non è un segreto che Haftar goda di ampio credito e alleanze in Egitto e che l’Italia, per smarcarsi da un recente passato considerato in qualche modo troppo vicino al governo di Tripoli, doveva in qualche modo rendersi credibile agli occhi dello stesso Haftar.
Questo sembra dunque il disegno messo a punto per la riuscita di una conferenza di alto livello sulla Libia che la Farnesina vorrebbe ospitare a Roma il prossimo novembre, un po’ sulla falsariga di quanto aveva fatto la Francia.
Certo che avere a che fare soltanto con Haftar e con Fayez al-Serraj, premier a Tripoli, non potrà essere sufficiente, visti numeri delle milizie e dei capi in circolazione nel Paese nordafricano. Ma l’Italia rispetto alla Francia, può essere la considerazione fatta in ambito diplomatico, vanta una conoscenza del territorio e delle dinamiche libiche che la Francia non ha. E ha anche interessi da difendere che possono coincidere con quelli della Libia.
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In questo numero abbiamo tentato un difficile fermo immagine su una situazione in continua evoluzione: tra segnali positivi, e dubbi sulla capacità del Paese di uscire dalle sabbie mobili in cui è impantanato.

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