di: Redazione | 12 Dicembre 2014
AFRICA – “Tra gli obiettivi di sviluppo del Millennio fissati nel 2000 dalla comunità internazionale, alcuni riguardavano la sfera sanitaria ma sono quelli sui quali siamo rimasti più indietro, in particolare in Africa. L’epidemia di ebola può essere il pretesto, in vista del 2015, l’anno delle valutazioni, di fare ragionamenti seri. Il fatto che due paesi ‘stelle’ della cooperazione internazionale, la Liberia e la Sierra Leone, non siano stati in grado di contenere l’epidemia deve spingerci a riflettere su cosa non ha funzionato e su cosa fare in futuro, concentrandoci forse su meno cose ma fatte bene”.
Questa dell’onorevole Lia Quartapelle è stata una delle riflessioni emerse ieri durante la presentazione, presso la sala stampa della Camera dei deputati, del numero di dicembre del mensile Africa e Affari intitolato “Africa, no ebola”, e dell’omonima campagna promossa dalla redazione a favore di un’informazione più corretta e meno stereotipata sul continente africano in generale, sull’emergenza ebola in particolare.
“La miscela di ignoranza sull’Africa e sulla malattia stessa sta provocando dei danni concreti: prima di tutto nei tre paesi colpiti dall’epidemia, vittime della visione di un continente reputato senza speranze che ci spinge a girare le spalle . Già da dicembre si sapeva dei casi di ebola, a marzo è stata dichiarata l’epidemia, ma la comunità internazionale si è mossa soltanto da agosto” ha ricordato Massimo Zaurrini, direttore responsabile di Africa e Affari.
Tra le provocazioni e i suggerimenti emersi nel corso della presentazione, quello di Guglielmo Micucci, responsabile di Amref, convinto che “andare a rafforzare in profondità il capitale umano, in particolare il personale locale, è l’unica chiave di volta che abbiamo per riuscire a creare quella emancipazione sanitaria necessaria in Africa, un continente enorme, ma che a causa della cattiva narrazione viene considerato un grande paese”. In Guinea, ha ricordato Micucci, c’è un medico ogni 100.000 persone e che se quel medico viene a mancare, tutta quella popolazione rimane priva di assistenza.
Aldilà del dramma umano, la psicosi alimentata attorno a ebola oscura “l’immagine di tutto un continente in pieno sviluppo, in piena espansione demografica, che offre anche belle opportunità alle aziende italiane” ha aggiunto Gianfranco Belgrano, direttore editoriale della rivista.
Di ebola si può certo morire, ma nel 40% dei casi registrati finora si è anche guarito. “E’ il messaggio di speranza che ci lasciano i pazienti nelle giornate più buie” ha raccontato Chiara Burzio, infermiera di Medici senza frontiere, tornata da una missione a Monrovia, in Liberia.
I danni economici, come quelli gravissimi al settore del turismo, e la paura figlia dell’ignoranza, stanno forse facendo più danni in Africa dello stesso virus ebola.
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